Movimento come prassi immanente. L’anti teoria nei "Quaderni del carcere"
Parole chiave:
teoria mobile, egemonia, tensione, immanenza, traduzione, Teoria mobile, Egemonia, Tensione, Immanenza, TraduzioneAbstract
È probabile che Gramsci non avrebbe apprezzato la qualifica di classico, che in tempi recenti è stata utilizzata per designare i Quaderni del carcere. ‘Classico’ infatti non rende giustizia alla struttura dell’opera, che rigetta la trascendenza e il fissismo di una classicità tramandata per convenzioni; la filosofia della prassi che innerva i Quaderni concepisce piuttosto la teoria della filosofia e l’agire della politica come un tutt’uno. Il contributo cerca di ricostruire in quali circostanze il pensatore sardo approda a quell’“irruzione della storia nell’ideologia” idealista, che per il Marx giovane dei Manoscritti è il volano di una rivoluzione permanente del costume e delle istituzioni. Lemmi della filosofia della prassi gramsciana come egemonia, rivoluzione passiva o subalternità condividono una ratio ermeneutica incentrata sul movimento, equilibrio instabile ma aperto, relazionale seppure conflittuale. Identificando l’ideologia con l’egemonia Gramsci ne fa il sismografo dei movimenti di massa nonché il nucleo fondante delle nazioni moderne, anticipando in tal modo il carattere fenomenologico dell’agire secondo Merleau-Ponty. La mobilità si colloca dunque al centro di una teoria sociale che attraversa e ispira i Quaderni, mentre la rivoluzione passiva condanna la fissità statocentrica e la sperequazione che la accompagna. Mutevoli in relazione ai tempi devono essere anche i criteri e i sistemi di giudizio, secondo un’immanenza che sancisce la libertà dell’individuo come soggetto consapevole e partecipe dei processi storici e culturali.
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