“Né dall’aria, né dalla terra, né dal mare”: preghiere di guerra e templi votivi nel primo conflitto mondiale
Abstract
Il 6 gennaio 1917, nella Basilica di San Marco ancora protetta dai sacchi di sabbia, il Patriarca di Venezia Pietro La Fontaine pronunciò il voto solenne di costruire un Tempio per proteggere la città e i suoi abitanti dalle devastazioni della guerra. Il voto fu presentato all’immagine della Madonna Nicopeia, la Madonna della vittoria, proveniente da Costantinopoli come bottino di guerra della quarta crociata. Fu così che iniziarono i lavori per la costruzione del Tempio votivo al Lido di Venezia, sostenuti dalle offerte dei veneziani. Il Tempio è ancora oggi luogo di pellegrinaggi e celebrazioni; la cripta, trasformata in Sacrario militare, accoglie i caduti delle due guerre mondiali: fra questi, Romualdo Guicciardi, il primo soldato morto per la difesa di Venezia, e Nazario Sauro, il cui trasporto da Pola nel 1947 venne documentato dall’Istituto Luce. Quello di Venezia non è l’unico caso di tempio votivo offerto per invocare la protezione delle città dalle distruzioni della Prima guerra mondiale. Nell’arco di 4 mesi, fra gennaio e aprile 1917, quattro città venete, Venezia, Vicenza, Padova e Treviso, sull’esempio di Torino, offrirono un tempio votivo in cambio della salvezza e della pace. I templi sorsero generalmente nei nuovi quartieri periferici delle città, dove la popolazione stava crescendo e mancava una chiesa. Anche in regioni lontane dal fronte sorsero templi votivi, come ringraziamento per lo scampato pericolo. La costruzione di un tempio votivo impegnava economicamente tutta la comunità, che partecipava alla raccolta dei fondi attraverso una sottoscrizione. Vicende di carattere storico e politico, economico, militare, religioso e artistico, di storia della Chiesa e di devozione popolare, ma anche legate alle vicissitudini personali di vescovi e architetti, si intrecciano indissolubilmente nella storia di queste costruzioni.