Paura urbana e insicurezza sociale: il fenomeno delle gated communities in Nord America
Abstract
La ragione più ovvia per trasferirsi in una “gated community” è la crescente paura della criminalità e il desiderio di molti cittadini di sentirsi al sicuro (Marcuse, 1997). Negli ultimi quindici anni aree residenziali chiuse, conosciute come gated communities, hanno alterato sia il paesaggio urbano americano sia quello periferico, mutando lo stile di vita dei residenti e la società. Poco conosciute in Europa, le gated communities sono state esaminate in questo saggio rispetto alle loro caratteristiche strutturali e funzionali, alle aree in cui sono sorte, alla diffusione che hanno avuto, agli abitanti e alle motivazioni che spingono i cittadini a scegliere questa tipologia abitativa. In questo saggio si evidenzia la paura e la diffusione della violenza negli Stati Uniti abbiano legittimato l’auto-esclusione e la segregazione residenziale. L’aumento dei fenomeni criminosi, la perdita di fiducia nell’“altro”, la mancanza di politiche sociali in grado di dare ai cittadini risposte adeguate hanno favorito la diffusione delle gated communities. Partendo dalle teorie della Scuola Ecologica di Chicago (Harvey W. Zorbaugh, The Gold Coast and the Slum, 1929) si sottolinea come la città moderna, da Boston a Los Angeles (E. J. Blakely, M. Gail Snyder, Fortress America: Gated communities in the United States, 1997), se non gestita correttamente, possa favorire fenomeni di segregazione piuttosto che di relazione e di coesione sociale. In conclusione, si accenna al CPTED (Crime Prevention Through Environmental Design), approccio multidisciplinare ambientale che mette in evidenza la relazione tra sicurezza e spazio urbano (Jacobs J., 2009, Oscar Newman, 1972).